Il territorio della Tuscia, e in particolare la zona attorno a Viterbo, è stato per secoli un mosaico di ambienti naturali ricchi e diversificati. Prima che la città si espandesse oltre le sue antiche mura, la campagna circostante offriva habitat ideali per numerose specie animali. Le faggete dei Monti Cimini, i boschi di querce, le aree umide e i campi coltivati accoglievano un’ampia varietà di fauna: dai caprioli alle lepri, dai tassi agli istrici, senza dimenticare anfibi, rettili e numerosi uccelli stanziali e migratori.
In particolare, Viterbo si trovava lungo rotte naturali frequentate da rapaci come il gheppio, il nibbio bruno e il falco pellegrino, che nidificavano sulle pareti rocciose o tra gli alberi secolari. La vita animale si intrecciava con quella rurale, in un equilibrio che aveva resistito nei secoli. La presenza dell’uomo non era ancora così invadente da compromettere questo fragile ecosistema.
L’espansione urbana e la perdita degli equilibri naturali
A partire dalla seconda metà del Novecento, Viterbo ha vissuto una progressiva espansione urbana. I nuovi quartieri, le infrastrutture stradali, le aree industriali e commerciali hanno modificato radicalmente il paesaggio. Con la crescita della popolazione e la cementificazione di aree un tempo agricole o selvagge, molti habitat naturali sono stati cancellati o ridotti a lembi isolati, privi di connessioni ecologiche.
Questo processo ha avuto un impatto diretto sulla fauna: molte specie si sono ritirate verso le zone boschive più interne, mentre altre, meno mobili o più sensibili ai cambiamenti ambientali, sono scomparse del tutto dalla zona. Il cosiddetto effetto 'isola ecologica' ha frammentato le popolazioni animali, impedendo la riproduzione e riducendo la biodiversità. Anche i cambiamenti climatici e l’inquinamento acustico e luminoso hanno influito, accelerando la scomparsa di alcuni insetti e uccelli.
La volpe, simbolo di resilienza
In questo scenario di transizione e adattamento, la volpe ha saputo resistere e reinventarsi. È probabilmente l’animale più emblematico tra quelli che ancora oggi popolano le campagne e le periferie viterbesi. Agisce per lo più di notte, evitando l’uomo ma imparando a sfruttarne le abitudini. Nei dintorni dei centri abitati, dove può trovare cibo nei cassonetti o nei pollai incustoditi, la sua presenza è costante — anche se raramente visibile.
Ma la volpe non è solo un animale reale. È anche una figura culturale, protagonista di favole, proverbi, film e giochi. Basti pensare a titoli come fowl play gold, un gioco online ambientato in un contesto rurale ironico e colorato, dove proprio una volpe astuta è al centro dell’azione. Questo richiamo non è casuale: la volpe incarna da sempre l’astuzia, la furbizia e la capacità di adattamento, qualità che spiegano perché sia una delle poche specie selvatiche ancora capaci di sopravvivere — e talvolta prosperare — anche a ridosso della città.
L’allarme per l’invasione dei cinghiali
Se la volpe continua a convivere con l’ambiente urbano con discrezione, il cinghiale lo fa con prepotenza. Negli ultimi anni, Viterbo ha visto crescere in modo esponenziale il numero di cinghiali che si spingono fino alle aree abitate. Non è raro vederli attraversare strade, entrare nei giardini privati o frugare tra i rifiuti. Il fenomeno è diventato così diffuso da essere ormai percepito come una vera e propria emergenza.
Le cause sono molteplici: l’introduzione di specie ibride per scopi venatori, l’assenza di predatori naturali (come il lupo), l’abbandono di molte terre agricole che prima fungevano da barriera, e l’elevata capacità riproduttiva dei cinghiali. La città, in questo contesto, rappresenta una fonte di cibo facile e sicura.
Gli effetti sono tangibili: incidenti stradali in aumento, danni a coltivazioni, paura tra i cittadini e problemi di convivenza. Le istituzioni locali hanno iniziato a sperimentare piani di contenimento, ma il dibattito resta acceso tra chi chiede abbattimenti mirati e chi invoca soluzioni non cruente.
Ripensare il rapporto tra città e natura
L’evoluzione della fauna a Viterbo è un caso esemplare di come l’urbanizzazione possa alterare profondamente gli equilibri ambientali. Ma è anche l’occasione per ripensare il nostro modo di vivere lo spazio e il territorio. La convivenza con gli animali selvatici non è solo possibile, ma necessaria, se vogliamo garantire un ambiente sano e bilanciato.
Servono politiche intelligenti, che uniscano tutela ambientale, controllo faunistico e educazione civica. Serve maggiore attenzione nella progettazione urbana, con la creazione di corridoi ecologici, barriere naturali e spazi verdi gestiti. E serve soprattutto un cambiamento culturale: imparare a vedere negli animali non un fastidio, ma una parte integrante dell’identità di un territorio. Dopotutto, se oggi Viterbo è attraversata da cinghiali, è anche popolata da volpi silenziose che ci osservano dai margini.